Stavolta solo timori per dopo la sosta
L’appassionato, ma anche l’addetto ai lavori, non vede l’ora che arrivi il giorno in cui la sua squadra scende in campo. Le soste per le gare delle nazionali, poi, sono accolte con scarso entusiasmo, e non si aspetta altro che la loro fine.
Stavolta, però, per chi ha a cuore le sorti della squadra azzurra, le sensazioni sono state diverse dal solito: troppo brutto l’ultimo mese e troppo forti le parole di Conte nel post-partita di Bologna.
La vigilia del prossimo impegno è vissuta con preoccupazione: la squadra è falcidiata dagli stop, non ha un gioco valido e appare a terra fisicamente e moralmente; chi la guida ha preso una settimana di pausa, gettando ulteriore benzina sul fuoco della paura di rivivere un incubo già vissuto.
Solo qualche settimana fa il Napoli era la squadra da battere, forte di un organico rinforzato e guidato dal tecnico dei “miracoli”, quello capace di costruire dal nulla e di migliorare i propri calciatori oltre i loro limiti individuali.
Invece, gara dopo gara – o meglio, delusione dopo delusione – i passi indietro sono stati tanti: il gioco offensivo è diventato innocuo e la solidità difensiva dell’anno passato resta solo un lontano ricordo.
Cosa è successo?
Non possiamo che attenerci ai fatti del campo e alle parole di Conte.
Il gioco si è involuto e il Napoli ha completamente smarrito la via della porta avversaria, complice lo stop di De Bruyne, le difficoltà – anche atletiche – di McTominay e l’ormai consolidata idiosincrasia con il gol di Politano e Neres.
La difesa non è più protetta dal resto della squadra, spesso allungata e sfilacciata; ciò, sommato ai tanti errori individuali – Milinkovic-Savic, Di Lorenzo, Beukema, Rrahmani, tanto per andare a memoria – la rende perforabile ad ogni gara.
La panchina lunga non sta funzionando: troppi giocatori sono sfruttati senza soluzione di continuità, altri dimenticati in panchina o già clamorosamente bocciati, come Lucca e Beukema.
Due sono le cose che nessuno poteva aspettarsi.
La prima è il numero degli infortuni muscolari: 19 in tre mesi, troppi per non farsi delle domande e per non ammettere che qualcosa di profondamente sbagliato ci sia tra carichi di lavoro e le rotazioni degli interpreti.
La seconda, ancora più clamorosa e deludente, è stata sbattuta in faccia a tutti coloro che hanno a cuore le sorti del Napoli attraverso le parole di Conte dopo la netta sconfitta al Dall’Ara.
All’improvviso si scopre che i giocatori sono scontenti del metodo di lavoro e del turnover, e l’allenatore – proprio quello capace di imprese impossibili – si dice amareggiato, preoccupato e bisognoso di confrontarsi con la società.
Tutto troppo brutto, ma vero!
Negli occhi abbiamo ancora lo spreco enorme di risorse tecniche ed economiche dell’anno successivo al terzo scudetto: una incredibile serie di errori, che portò a una figuraccia storica. Riviverla significherebbe non aver imparato nulla dal proprio passato.
Il calcio vive di speranza e passione: se vengono meno, la partita diventa inutile, non ha più ragione di esistere.

